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Tribunale di Bologna > tutela cautelare
Data:
Giudice: Molinaro
Tipo Provvedimento: Ordinanza
Numero Provvedimento: 07/12/2006
Parti: Fabiola M. / INPS
LICENZIAMENTO INDIVIDUALE PER SOPRAVVENUTA INIDONEITÀ FISICA ALLA MANSIONE – LESIONE ALL’IDENTITÀ PROFESSIONALE – PERICOLO DI DANNO GRAVE ED IRREPARABILE: SUSSISTENZA.


TRIBUNALE DI BOLOGNA del 7 dicembre 2006 (Ord.) (Est. Molinaro) Antonio F. / Sicor SpA

LICENZIAMENTO INDIVIDUALE PER SOPRAVVENUTA INIDONEITÀ FISICA ALLA MANSIONE – LESIONE ALL’IDENTITÀ PROFESSIONALE – PERICOLO DI DANNO GRAVE ED IRREPARABILE: SUSSISTENZA.

Art. 700 cod. proc. civ.

Art. 669 duodecies cod. proc. civ.

Il dipendente di un’azienda metalmeccanica ricorre in via d’urgenza al Tribunale del lavoro di Bologna lamentando di essere stato illegittimamente licenziato per giustificato motivo oggettivo per sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni svolte ed a quelle presenti in azienda, chiedendo di essere reintegrato in via d’urgenza o in altro di contenuto equivalente e/o inferiore, chiedendo in via subordinata un’indennità idonea al sostentamento suo e della propria famiglia quale anticipazione dei danni patiti.

Il Giudice, accertato che il lavoratore è stato sempre ritenuto, dagli organi sanitari competenti, idoneo alle diverse mansioni svolte negli ultimi periodi lavorativi, salve alcune limitazioni od esclusioni, ritiene nel caso di specie non sussistere gli estremi per un licenziamento che, come è noto, “rappresenta l’extrema ratio e può essere adottato soltanto dopo aver ricercato tutte le possibilità di utile collocazione del lavoratore all’interno dell’azienda”. Afferma infatti il giudice che in materia la Suprema Corte ha ritenuto che non concreta un giustificato motivo di recesso la difficoltà del lavoratore di svolgere le mansioni assegnate a causa di impedimenti fisici sopravvenuti, ove ciò non si traduca in impossibilità assoluta a rendere la prestazione lavorativa (Cass. n. 3250/03) ed ha precisato che in caso di recesso motivato con l’inidoneità a svolgere tutte le mansioni assegnate, il datore di lavoro ha l’onere di allegare le ragioni che impediscono di organizzare il lavoro in modo tale da consentire l’esecuzione, eventualmente di contenuto inferiore, della prestazione (Cass. n. 10399/00).

Per quanto concerne il requisito del danno grave ed irreparabile (periculum in mora), sostiene il Tribunale che il fatto che il lavoratore “abbia percepito le spettanze di fine rapporto e goda attualmente dell’indennità di disoccupazione, che comunque rappresenta soltanto una parte della normale retribuzione e viene corrisposta per un periodo di tempo limitato, non è sufficiente per ritenere insussistente l’elemento del periculum, tanto più che, nel caso di un licenziamento che sulla base di elementi abbastanza convincenti appare illegittimo, il danno è rappresentato non solo e non tanto dalla perdita della retribuzione e dalle conseguenti difficoltà di carattere economico, ma anche dal traumatico allontanamento dal posto di lavoro e dalla lesione della propria identità professionale, danno quest’ultimo che può essere considerato irreparabile nel senso voluto dalla legge”.

Anche precedentemente il Tribunale di Bologna (in funzione di giudice dell’appello) non attribuendo al pagamento del TFR una assorbente funzione risarcitoria, ha riconosciuto rilevanza dirimente al danno di natura extra–patrimoniale: “a parte ogni altra considerazione sull’avvenuta corresponsione del trattamento di fine rapporto, trattenuta dal lavoratore a solo titolo di acconto, l’allontanamento dal posto di lavoro integra gli estremi del possibile pregiudizio imminente ed irreparabile, per la lesione alla professionalità conseguente all’esclusione dall’ambiente lavorativo e al mancato esercizio delle mansioni” (Tribunale Bologna 13 Maggio Marzo 1998 (Ord.) Est. De Meo De Carolis C. Interbanca Spa). E ancora, con riferimento all’irrilevanza dell’aspetto economico sotto il profilo dell’irreparabilità del pregiudizio: “in considerazione della evidente lesione sul piano della dignità personale che la ricorrente, attuale reclamata, ha subito come conseguenza della perdita del suo posto di lavoro dovuta a licenziamento per ragioni disciplinari, lesione che non sarebbe esclusa neppure dalla mancanza - oggi - di uno stato di bisogno di natura economica e che non appare compiutamente eliminabile attraverso un futuro risarcimento che avrebbe, appunto, natura meramente economica” (Tribunale Bologna 29 Dicembre 1999 (Ord.) Est. Di Stefano – Azienda Usl Città Di Bologna / Barilli Maria Grazia; conforme Trib. Bologna 13 Luglio 1998 (Ord.) Est. Di Stefano. A.A. Agricola Anzolese C. Choukrì, in RGL News n. 5/1998 p. 19 ed altre. Contra, ex plurimis, Tribunale Bologna (Ord.) Est. Palladino 15 dicembre 2006 Ferruccio Benedetto / Officine Ortopediche Rizzoli).

Conseguentemente il Giudice ordina, in via cautelare, alla società di reintegrare il dipendente nel posto di lavoro, nelle mansioni da ultimo svolte o in altre equivalenti, comunque compatibili con le sue condizioni di salute.




Tribunale di Bologna > tutela cautelare
Data: 10/04/2007
Giudice: Coco
Tipo Provvedimento: Ordinanza
Numero Provvedimento:
Parti: P.E. c. Min. Salute – Regione E.R. – Azienda USL di Bologna
TRASFERIMENTO – MODIFICA ORARIO DI LAVORO – LAVORO DOMENICALE - LAVORATRICE MADRE


Art. 700 c.p.c

Art. 37 Cost.

art. 9 della legge n. 53/2000

TRASFERIMENTO – MODIFICA ORARIO DI LAVORO – LAVORO DOMENICALE - LAVORATRICE MADRE

Un lavoratrice madre, dipendente della Upim S.r.l. di Bologna, in conseguenza della chiusura del punto vendita al quale era addetta, veniva trasferita presso un altro punto vendita della medesima città. Sulla base di un accordo sindacale, poi, sottoscritto poco prima del trasferimento, venivano assicurate alla lavoratrice le medesime condizioni contrattuali acquisite e il medesimo orario di lavoro, disposto in una fascia oraria mattutina tra le ore 8,45 e le ore 12,45 .

Tuttavia, il primo giorno di lavoro presso la nuova sede, alla lavoratrice non veniva consentito di svolgere la sua regolare prestazione lavorativa, se prima non avesse accettato di sottoscrivere una comunicazione riguardante la modifica dell’orario di lavoro, che prevedeva la sua presenza presso il nuovo punto vendita nelle ore pomeridiane e nelle giornate domenicali. In ragione della difficile situazione familiare in cui versava la lavoratrice – genitore unico affidatario di minore di meno di tre anni di età, supportata nel compito dai sevizi sociali per disposizione del Tribunale per i minorenni, con frequenza da parte della figlia di asilo nido estesa all’orario 7,30/ 17,50 – ella conveniva in giudizio, con un procedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., il proprio datore di lavoro per far accertare l’illegittimità del comportamento datoriale e per il riconoscimento del diritto al mantenimento di un orario di lavoro compatibile con le esigenze di madre.

Il Tribunale del lavoro di Bologna, con provvedimento del 10.4.2007 comunicato in data 13.4.2007, accoglieva il ricorso proposto dalla lavoratrice e imponeva all’Upim S.r.l. di assegnarle un orario di lavoro nella fascia oraria tra le 9 le 16 (ossia compatibile con la presenza della bimba all’asilo) ed escludendo l’obbligo del lavoro domenicale.

Il Giudice riteneva che le condizioni personali della lavoratrice, inerenti alla necessità di accudire e di gestire la figlia, integravano a pieno i presupposti dell’attualità, gravità ed irreparabilità del danno, necessari per l’accoglimento del ricorso d’urgenza. In particolare il magistrato fondava la propria decisione richiamando i principi di buona fede e correttezza che presiedono il rapporto di lavoro, e quelli enunciati dall’art. 9 della legge n. 53/2000 per incentivare le misure a sostegno della maternità sotto il profilo della flessibilità degli orari e dell’organizzazione del lavoro. Soprattutto il Giudice si ispirava, con la propria decisione, al principio previsto dall’art. 37 della Costituzione che sancisce che “le condizioni di lavoro devono consentire alla donna lavoratrice l’adempimento delle sue essenziali funzioni familiari e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione” .

Sulla base dell’applicazione di detti principi, il Tribunale ha ritenuto che le esigenze delle madre lavoratrice dovevano prevalere su quelle organizzative del datore di lavoro, ciò anche in ragione del fatto che una diversa collocazione oraria della prestazione lavorativa non avrebbe comportato per il datore di lavoro insuperabili difficoltà organizzative.




Tribunale di Bologna > tutela cautelare
Data: 28/10/2008
Giudice: Palladino
Tipo Provvedimento: Ordinanza
Numero Provvedimento: -
Parti: Alfa / Beta
TRASFERIMENTO - R.S.A. CESSATO DALLA CARICA DA SEI MESI – ASSENZA DI NULLA-OSTA DELLA ORGANIZZAZIONE SINDACALE – ILLEGITTIMITÀ –FUMUS: SUSSISTE





Tribunale di Bologna > tutela cautelare
Data: 27/10/2008
Giudice: Marchesini
Tipo Provvedimento: Ordinanza
Numero Provvedimento: -
Parti: Lamir Abdeljelil Ben Hassen/L’Operosa soc. coop. a resp. lim.
FUMUS BONI IURIS PER DEMANSIONAMENTO - SUSSISTENZA - PERICULUM IN MORA PER INSORGENZA DI SINDROME REATTIVA DA STRESS – SUFFICIENZA E SUSSISTENZA.





Tribunale di Bologna > tutela cautelare
Data: 31/03/2011
Giudice: Velotti
Tipo Provvedimento: Ordinanza
Numero Provvedimento:
Parti: Dip. vari / Verlicchi & Figli s.r.l.
ISTANZA DI SEQUESTRO EX ART. 15 LEGGE FALLIMENTARE


Art. 15 Legge Fallimentare

Art. 620 c.p.c.

 

Con provvedimento del 31 marzo 2011 il Tribunale di Bologna IV Sezione (Fallimentare) accoglieva l’istanza di sequestrorichiesto ex art. 15 Legge Fallimentare proposto da alcuni dipendenti di una importante società del tessuto industriale bolognese  dell’indotto della produzione motociclistica, presso la quale pochi giorni prima dell’istanza di fallimento erano stati smontati i macchinari, con tentativo di asportarli tramite automezzi.

Il provvedimento del Tribunale bolognese appare di notevole interesse  per la sua forza innovativa, in quanto solo con la recente riforma delle procedure concorsuali è stato introdotto nel nostro ordinamento processuale la possibilità di utilizzare questo strumento cautelare durante la fase prefallimentare.  Il Giudice ha ritenuto la sussistenza del fumus boni juris, in quanto dall’istanza presentata dagli ex dipendenti emergeva la rilevante esposizione debitoria della società, peraltro rafforzata dal fatto che oltre all’istanza di fallimento presentata dai lavoratori ne erano state depositate altre due da parte di alcune società fornitrici la Verlicchi & Figli s.r.l. la cui  attività produttiva era stata repentinamente interrotta, con il rischio della perdita delle commesse in essere.

Le circostanze emerse durante l’istruttoria, a seguito dell’interrogatorio degli informatori (funzionari sindacali e il sindaco della cittadina della provincia di Bologna ove ha sede la società), venivano, invece, ritenute fondanti e sufficienti per ritenere la sussistenza del periculum.

In particolare il fatto che – come già detto - alcuni giorni prima la presentazione dell’istanza di fallimento con la richiesta del provvedimento cautelare, alcuni individui, qualificatisi come inviati di una società estranea alla compagine sociale della debitrice, si erano introdotti negli stabilimenti smontando i macchinari, tentando di asportarli tramite automezzi, configura, ad avviso del Tribunale, la sussistenza del concreto rischio che, “nella more della procedura per dichiarazione di fallimento, vengano posti in essere atti di distrazione dei beni aziendali che possano mettere a repentaglio l’integrità del patrimonio aziendale”.

Veniva così autorizzato il sequestro dei beni e nominato custode lo stesso sindaco della cittadina della sede della società.

Vi è peraltro da evidenziare che la necessità di evitare che i beni aziendali non venissero asportati era stata motivata dalla difesa dei lavoratori, anche sotto un altro rilevante profilo, che attribuisce al provvedimento  del sequestro nella fase prefallimentare, uno scopo più ampio di quello tipico dello strumento cautelare:  mantenere intatta la garanzia per gli interessi dei creditori.

La conservazione dell’integrità del patrimonio aziendale consentirà, infatti, di poter autorizzare l’esercizio provvisorio per far fronte alle commesse in corso  permettendo, così, di poter ricollocare l’azienda sul mercato e salvaguardando almeno una parte della manodopera, altrimenti destinata alla collocazione in mobilità.